La Corte di Cassazione ha condannato l’amministratore unico di una S.r.l., poi fallita, per il reato di bancarotta fraudolenta (nella specie, patrimoniale e documentale), disciplinato dall’articolo 216 della Legge Fallimentare.
A norma dell’articolo 216 (Bancarotta fraudolenta) è punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
La vicenda ha visto come protagonista l’amministratore unico di una società che aveva omesso di tenere la contabilità per l’intera durata della società e aveva, inoltre, distratto un bene dal patrimonio della stessa.
Al momento della dichiarazione di fallimento, il curatore non poteva, quindi, procedere con l’inventario dei beni dell’azienda, e, in assenza delle scritture contabili, si era venuto a creare un grave pregiudizio per le ragioni del ceto creditorio.
I Giudici hanno ritenuto insussistente la censura mossa dai difensori dell’imputato circa la mancanza dell’elemento soggettivo del dolo specifico, necessario ai fini della configurazione del reato, sostenendo che, al contrario, questo potesse trarsi per implicito dal convincimento della Corte di merito “circa la sussistenza della specifica finalità di impedire la ricostruzione del patrimonio della società e del movimento degli affari e, per tal via, di pregiudicare le ragioni del ceto creditorio”.
Inoltre, la mancanza della tenuta della contabilità, impedendo ogni possibile azione a tutela dei creditori sociali, risultava prevista e voluta dall’imputato “anche in considerazione dei suoi precedenti trascorsi, costellati da quattro dichiarazioni di fallimento e da varie condanne per falsità in titoli di credito e per bancarotta fraudolenta”.
La Corte di legittimità ha inoltre chiarito che, per quanto riguarda il reato di bancarotta per distrazione “va precisato che ad integrare tale illecito è sufficiente il dolo generico, il quale consiste nella coscienza e volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sez. 5, n. 11899 del 14/01/2010; Sez. 5, n. 34584 del 06/05/2008); il fine di recare pregiudizio ai creditori è invece richiesto per la diversa ipotesi, estranea alla fattispecie, di esposizione di passività inesistenti”.
Nel caso di specie, l’autoveicolo, appartenente alla società ma non rinvenuto fra i beni della stessa, è entrato nella disponibilità dell’amministratore, senza che lo stesso abbia dato prova “di avervi dato legittima destinazione (v. da ultimo Sez. 5, n. 7048 del 27/11/2008 – dep. 18/02/2009; Sez. 5, n. 3400 del 15/12/2004 – dep. 02/02/2005)”.
L’amministratore, alla luce di tali presupposti di fatto e di diritto, è stato condannato per il reato di bancarotta fraudolenta documentale e per distrazione.
(Corte di Cassazione, Sentenza 30 aprile 2013, n. 18975)
Da: www.filodiritto.com
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