La Suprema Corte di Cassazione Sezione III Penale, con la sentenza del 15 aprile 2015, n. 15449, ha stabilito, che qualsiasi atto che sia considerato simulato, sia di alienazione o sia attraverso altri atti fraudolenti sui beni del debitore fiscale e siano idonei a impedire il soddisfacimento totale o parziale del credito tributario configura il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. Del resto l’art. 11 al comma1 del D. lgs. 74/2000 prima dell’intervento legislativo di modifica ad opera dell’art. 29, comma 4, D.L 31 maggio 2010, n. 78 prevedeva che: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a lire cento milioni, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva”( Testo in vigore dal 31 maggio 2010 – Testo risultante dopo le modifiche apportate dall’art. 29, comma 4, D.L 31 maggio 2010, n. 78). Pertanto, anche la costituzione di un Trust, non solo ma anche ulteriori atti, i cui elementi facciano rilevare la loro istituzione simulata, dopo che si sia concretizzato una richiesta di imposte a seguito di accertamento tributario con il superamento delle soglie sopra riportare, si configura come reato punito dalla precitata norma.
L’oggetto giuridico del reato in esame non è il diritto di credito dei fisco, bensì la garanzia generica data dai beni dell’obbligato, cosicché esso può configurarsi anche qualora, dopo il compimento degli atti fraudolenti, avvenga comunque il pagamento dell’imposta e dei relativi accessori (Cass. Sez. 3, n. 36290 del 18/5/2011). Si tratta, dunque, di un reato di pericolo, rispetto al quale la condotta penalmente rilevante può essere costituita da qualsiasi atto o fatto fraudolento intenzionalmente volto a ridurre la capacità patrimoniale del contribuente stesso, riduzione da ritenersi, con un giudizio ex ante, idonea sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, a vanificare in tutto od in parte, o comunque rendere più difficile, una eventuale procedura esecutiva (così Cass. Sez. 3, n. 39079 del 9/4/2013). La Suprema Corte ha ritenuto che si configuri il reato in esame in ipotesi di cessione simulata dell’avviamento commerciale (Cass. Sez. 3, n. 37389 dei 16/5/2013), cessione di immobili e quote sociali alla convivente da parte di un commercialista (Cass. Sez. 3, n. 39079 del 9/4/2013), pluralità di trasferimenti immobiliari (Cass. Sez. 3, n. 19524 del 4/4/2013), costituzione di un fondo patrimoniale ex art. 167 cod. civ. (Cass. Sez. 3, n. 40561 del 4/4/2012). La messa in atto, da parte degli amministratori, di più operazioni di cessioni di aziende e di scissioni societarie simulate finalizzate a conferire ai nuovi soggetti societari immobili (Cass. Sez. 3, n. 19595 del 9/2/2011), vendita simulata mediante stipula di un apparente contratto di “sale and lease back” (Cass. Sez. 3, n. 14720 del 6/3/2008).
La sussistenza dell’elemento soggettivo ben può essere rinvenuta anche quando, come nel caso in esame, a fronte della piena conoscenza del debito tributario, il ricorso ad attività formalmente lecite, quale l’istituzione del trust, abbia quale unica concreta conseguenza quella di impedire la riscossione fiscale, difettando ogni altro dato dimostrativo della effettiva volontà di perseguire le finalità proprie dello strumento giuridico cui si è fatto ricorso.
Ulteriormente, la Cassazione con la sentenza in commento ha, altresì, per la prima volta analizzato la compatibilità della causa di non punibilità ora prevista dall’art. 131-bis cod. pen., introdotto dal d.lgs. 28\2015. Il menzionato decreto legislativo non prevede una disciplina transitoria, cosicché va preliminarmente verificata la possibilità di applicare la nuova disposizione anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore. La natura sostanziale dell’istituto di nuova introduzione induce ad una risposta positiva, con conseguente retroattività della legge più favorevole, secondo quanto stabilito dall’art. 2, comma 4 cod. pen.
da ildiritto24.ilsole24ore.it
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