Su richiesta del Tribunal Supremo spagnolo, la Corte si è pronunciata sulle seguenti questioni pregiudiziali: “1) se l’art. 7, lett. f), della direttiva (…) 95/46 debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che, in assenza del consenso dell’interessato e per consentire il trattamento dei suoi dati personali necessario al perseguimento dell’interesse legittimo del responsabile o dei terzi cui essi vengono comunicati, esige oltre a che non vengano lesi i diritti e le libertà fondamentali dell’interessato, che i dati siano contenuti in fonti accessibili al pubblico; 2) se il menzionato art. 7, lett. f), possieda tutti i requisiti richiesti dalla giurisprudenza dell’Unione affinché gli si possa attribuire effetto diretto”.
Il rinvio alla Corte nasce nel corso di un processo nel quale il Tribunal Spagnolo era stato chiamato ad interpretare ed applicare il regio decreto n. 1720/2007 che aggiunge alla condizione attinente all’interesse legittimo al trattamento dei dati senza il consenso della persona interessata una condizione che non esiste nella direttiva 95/46, che, cioè, i dati compaiano in fonti accessibili al pubblico, restringendo la portata dell’articolo 7, lettera f) (“gli Stati membri dispongono che il trattamento di dati personali può essere effettuato soltanto quando: a) la persona interessata ha manifestato il proprio consenso in maniera inequivocabile, oppure (…) f) è necessario per il perseguimento dell’interesse legittimo del responsabile del trattamento oppure del o dei terzi cui vengono comunicati i dati, a condizione che non prevalgano l’interesse o i diritti e le libertà fondamentali della persona interessata …”).
Al riguardo, la Corte stabilisce che:
– “… l’art. 7 della direttiva 95/46 prevede un elenco esaustivo e limitativo dei casi in cui il trattamento dei dati personali può essere considerato lecito”;
– “gli Stati membri non possono né aggiungere nuovi principi relativi alla legittimazione del trattamento dei dati personali all’art. 7 della direttiva 95/46, né prevedere requisiti supplementari che porterebbero a modificare l’ambito di applicazione di uno dei sei principi previsti da detto articolo”;
– l’articolo 5 della direttiva 95/46 autorizza gli Stati membri unicamente a precisare le condizioni alle quali il trattamento dei dati personali è lecito;
– “il margine discrezionale di cui … dispongono gli Stati membri può dunque essere utilizzato soltanto in conformità all’obiettivo perseguito dalla direttiva 95/46, consistente nel mantenere l’equilibrio tra la libera circolazione dei dati personali e la tutela della vita privata”;
– “a norma dell’articolo 5 della direttiva 95/46, gli Stati membri non possono neppure introdurre principi relativi alla legittimazione del trattamento dei dati personali diversi da quelli enunciati all’art. 7 di tale direttiva, né modificare con requisiti supplementari la portata dei sei principi previsti dal detto art. 7”;
– “nella fattispecie, l’art. 7, lett. f), della direttiva 95/46 dispone che il trattamento dei dati personali è lecito se «è necessario per il perseguimento dell’interesse legittimo del responsabile del trattamento oppure del o dei terzi cui vengono comunicati i dati, a condizione che non prevalgano l’interesse o i diritti e le libertà fondamentali della persona interessata …”;
– “l’art. 7, lett. f), della direttiva 95/46 osta a qualsiasi normativa nazionale che, in assenza del consenso da parte della persona interessata, prescriva oltre alle due condizioni cumulative menzionate al punto precedente, requisiti supplementari”;
– la maggiore violazione dei diritti della persona mediante la diffusione e il trattamento dei dai personali non accessibili al pubblico deve essere soppesata con l’interesse legittimo perseguito dal responsabile del trattamento oppure dal o dai terzi ai quali i dati vengono comunicati;
– “non può essere definita in termini di precisazione, ai sensi di detto art. 5, quella normativa nazionale che escluda per talune categorie di dati personali la possibilità di essere trattati, stabilendo per tali categorie, in modo definitivo, il risultato della ponderazione dei diritti e degli interessi contrapposti, senza consentire un diverso risultato in ragione delle circostanze specifiche del caso concreto”;
– “l’art. 7, lett. f), della direttiva 95/46 … osta a che uno Stato membro escluda in modo categorico e generalizzato la possibilità che talune categorie di dati personali siano oggetto di trattamento, senza consentire la ponderazione dei diritti e degli interessi contrapposti in gioco nel caso specifico”.
Alla luce di dette motivazioni, la Corte ha dichiarato che:
“1) l’art. 7, lett. f), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che, in assenza del consenso della persona interessata e per autorizzare il trattamento dei suoi dati personali, necessario alla realizzazione dell’interesse legittimo perseguito dal responsabile di tale trattamento oppure dal o dai terzi ai quali tali dati vengono comunicati, richiede, oltre al rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali di detta persona, che i dati in parola figurino in fonti accessibili al pubblico, escludendo quindi in modo categorico e generalizzato qualsiasi trattamento di dati che non figurino in tali fonti;
2) l’art. 7, lett. f), della direttiva 95/46 ha effetto diretto”.
(Corte di Giustizia UE, Sentenza 24 novembre 2011: Trattamento dei dati personali – Direttiva 95/46/CE – Art. 7, lett. f) – Effetto diretto)
da www.filodiritto.com
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