Il governo americano si spacca sui duri dazi contro acciaio e alluminio preannunciati da Donald Trump, con leader del partito repubblicano e del mondo business che scatenano campagne in extremis, dietro le quinte e in pubblico, per neutralizzare o ammorbidire qualunque decisione. Ma, in assenza di marce indietro della Casa Bianca, l’Unione Europea non lascia il fianco scoperto e contrattacca: in risposta a un’azione tacciata di grave protezionismo, ha messo a punto rappresaglie sulle quali oggi solleverà il sipario a Bruxelles.
«Metteremo i dazi su acciaio e alluminio, non abbiamo altra scelta per proteggere i nostri lavoratori e le nostre aziende. Per decenni altri Paesi si sono avvantaggiati a discapito degli Stati Uniti», ha detto Trump, replicando ai critici: «A volte le guerre commerciali non sono così male».
La Ue, secondo indiscrezioni, davanti alle barricate sull’acciaio ha approntato contro-dazi del 25% su beni per 2,8 miliardi di euro che colpirebbero il cuore dell’America e dell’elettorato repubblicano, da motociclette a bourbon e jeans. La mossa potrebbe scattare subito e senza vagli della Wto perché il valore è metà dell’export siderurgico europeo messo in discussione dalla Casa Bianca. E potrebbe ancora ampliarsi: Trump oltre a promettere dazi proprio del 25% contro l’acciaio ha invocato barriere del 10% contro l’alluminio in arrivo dall’estero.
La Ue non è sola nell’alzare il tiro: il Canada, il maggior esportatore di acciaio negli Stati Uniti con una quota del 16%, ha fatto sapere al termine di un round negoziale sulla revisione dell’accordo di libero scambio nordamericano Nafta che dazi Usa «non sarebbero utili» a una nuova intesa. Questo dopo che Trump aveva messo in campo un vero ricatto: avrebbe tolto le “sanzioni” sui metalli a Canada e Messico in cambio di un nuovo Nafta più vantaggioso per gli Usa.
La provvisoria lista europea comprende ad oggi beni di consumo (tra cui anche camicie, cosmetici, piccole imbarcazioni) per un miliardo di euro; bourbon whiskey, succo d’arancia, mais e prodotti agricoli per 951 milioni; acciaio e prodotti industriali per 854 milioni. Bruxelles ha inoltre in cantiere altre due contromisure: un ricorso alla Wto ai danni degli Stati Uniti e azioni di salvaguardia per evitare che acciaio destinato al mercato americano invada l’Europa.
A Washington lo spettro di drammatiche escalation delle tensioni internazionali mobilita, nel tentativo di imbrigliare Trump, anche grandi donatori aziendali a campagne conservatrici, da sempre fedeli a dottrine liberiste tradizionalmente repubblicane fino all’era populista di Trump. I vertici di Canary, colosso dei servizi petroliferi, hanno scritto a Trump per chiedere che torni sui suoi passi. All’interno dell’amministrazione si sta intanto prodigando il capo-consigliere economico Gary Cohn, leader dell’ala globalista, contro i nazionalisti adesso vittoriosi della triade commerciale di Wilbur Ross, Peter Navarro e Robert Lighthizer.
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